lunedì 23 luglio 2012

Recensione di 'Nient'altro che amare' di Amneris Di Cesare

Questo non é un romanzo per donne.

Perdonatemi la parafrasi della famosa opera di Cormac McCarthy, ma penso che sia un’ottima introduzione per il romanzo d’esordio di Amneris Di Cesare, inserito un po’ forzatamente sotto la collana Palpiti con tanto di bandella rosa da Centoautori Edizioni.



Non é nemmeno un romanzo d’amore, a meno di estendere il genere alla narrazione più intera della parola amore.

Maria, detta ‘a Zannuta, per i denti sporgenti che la fanno sembrare una coniglia, é una donna  dalle forme generose che attira gli sguardi degli uomini. E’ mite e silenziosa, e vittima di un destino che la vuole preda facile del maschio di turno che immancabilmente la prende e la ingravida. A lei ‘piace fare quella cosa’. E le piace avere i figli dentro,’sentirli scalciare nella pancia, premere e pesare sul bacino. E una volta nati, averli intorno’. A loro dà il nome dell’uomo che l’ha presa con la forza, trasformando la causa della violenza in una conseguenza d’amore. Quei figli che le vogliono sempre sottrarre, perché con un’altra donna cresceranno più sani e intelligenti.

Il breve romanzo, ambientato in un paesino calabro degli anni sessanta, gira tutto intorno a questo personaggio, disegnato splendidamente nella sua interezza dall’autrice. Tutti gli altri personaggi le fanno da contorno, spesso umiliandola - ‘le donne mi odiavano, gli uomini mi perseguitavano’ - eppure la figura di Maria esce prepotentemente come il personaggio positivo della storia, che vince con l’amore la grettezza e le violenze di una piccola comunità retrogada e ignorante. Vince grazie alla sua interezza. Maria non dispone delle mille maschere sociali che rendono possibile e accettabile la normale vita borghese, dove cio’ che si pensa, si dice e si fa sono tre atti ben diversi della rappresentazione umana. Lei é sempre ‘a Zannuta, la stracciona sempre gravida, disprezzata da tutti eppure desiderata come oggetto delle voglie sessuali di mezzo paese. Un personaggio che rimanda all’Accattone di Pasolini o alle tante puttane raccontate poeticamente da De André. Lei non sa Nient’altro che amare e di fronte a lei gli altri si dimostrano per quello che sono veramente: spesso belve, raramente uomini e donne.

Un bell’esordio questo di Amneris Di Cesare. Un romanzo scritto bene e, soprattutto, onesto.

Non é poco.

venerdì 13 luglio 2012

Recensione de "I primi tornarono a nuoto" di Giacomo Papi

E se vostro padre, col quale vi siete riconciliati soltanto dopo la sua morte, si presentasse una mattina davanti alla porta della sua villa, che ora considerate vostra? Oppure se rientrando a casa trovaste la vecchia, che ha vissuto li’ fino alla sua morte, intenta a frugare nel vostro cassetto della biancheria? O se ricomparisse il vostro amore di gioventù, con la freschezza di allora oppure se addirittura si presentassero, come usciti dai libri di storia, antichi romani,  faraoni egizi e uomini dell’età della pietra?



“ I primi tornarono a nuoto, la notte del secondo giorno. A sciami, nelle ore disabitate, entrarono in acqua dai porti addormentati, dai moli senza nome ... e nuotarono lenti in mezzo alla laguna ... uscirono dal mare come granchi o come rane, arrampicandosi sui pali,  sulle barche ormeggiate, sulle scale intagliate nella pietra e invasero le isole.”

Giacomo Papi rispolvera nel suo primo romanzo, pubblicato quest’anno da Einaudi, un topos classico della letteratura e un mito presente in molte religioni: e al terzo giorno resuscito’.

I suoi risorti non ritornano pero’ in qualità di spettri o di zombie e neppure ascendono al cielo come divinità. Sono persone normali. Ricompaiono in carne e ossa, nudi e impauriti, e riprendono la vita da dove l’avevano interrotta, reclamando il loro ‘posto’. Li chiamano rinati.

Questo é il plot del romanzo, semplice e originale al tempo stesso. L’autore lo sviluppa senza indugiare sugli aspetti più morbosi e senza eccedere in effetti speciali, ma con una scrittura piana e attenta che ci fa partecipare a questa nuova imprevista avventura umana che rimette in discussione le nostre certezze sulla vita e sulla morte.

Riporto l’estratto di un dialogo tra Serafino, il primo rinato, e Maria, la donna incinta del protagonista del romanzo:

-          Cioé, adesso lei é vivo, ma prima era morto. Ora é tornato.

-          E che differenza ci sarebbe?

-          Come che differenza c’é? Che lei é rinato. E’ risorto. Ha mai sentito parlare di resurrezione? Okay, lasci stare. Lo sapevo che mi prendeva per pazza.

Il vecchio la fisso’ negli occhi. Maria resse lo sguardo.

-          In effetti, é da un po’ che mi sento strano. Pero’, scusi, mi faccia capire, lei crede di essere normale con quel pancione?

-          Che cos’ha di tanto strano, scusi?

-          Ci vive dentro un’altra persona, si rende conto? E’ abitato. E’ che ci si adatta a tutto, anche ai prodigi. Mi riferisco alla vita, non alla morte.

martedì 10 luglio 2012

Blu - un mio racconto di SF sulla rivista di fantascienza

Dal terrazzo di casa il Punto è solo una distesa di blu circondata dalle navi.

Il mare, il cielo e tutto il resto.

Cerco di individuare Andrea, ma non ci riesco. Il sole è ancora alto e mi abbaglia, nonostante gli occhiali scuri.

— Lo vedi? — mi domanda Valeria con una sfumatura di comando. È il suo modo di parlare, non può farci niente. Le cose devono andare come dice lei altrimenti si innervosisce.

— Come non lo vedi? Tu lo devi vedere — insiste.

Niente, solo quella linea vaga all’orizzonte dove i due blu si fondono, come nel disegno di un bambino.

— Tutto qui? — mi aveva detto la maestra quando le avevo mostrato il compito. Formidabile come certi piccoli ricordi restino impressi nella memoria.

— Non le piace? — le avevo risposto con un filo di voce. La temevo.

— Cosa mi deve piacere? Non c’è niente! — aveva urlato indicando il foglio da disegno dipinto di un blu uniforme.

— C’è il cielo, il mare. Dentro ci sono gli uccelli, i pesci.

— Ma non si vedono. È tutto blu, nient’altro.

— Be’, ma neanche al mare i pesci si vedono. Però ci sono, no?

Ero un bambino dotato di troppa fantasia, o di troppo poca: quello era stato il giudizio della maestra, e quattro il voto.

— Allora l’hai visto? — insiste Valeria, aggrappata al mio braccio e con gli gli occhi chiusi. Sembra una cieca.

— Scusa, ma perché non guardi tu?

— Non posso. Tutto quel blu mi mette l’angoscia. Mi sembra di annegarci dentro. Odio il blu.

— Io l’ho sempre amato, invece.

— Lo so — risponde, questa volta con un tono di condanna.

Dov’è Andrea? Dov’è il mio piccolo Blu, come lo chiamo io. Mi emoziono a pensarlo con quel nome, e adesso ancora di più. Valeria invece non ne ha mai voluto sapere: — Blu non è un nome. Lo prenderebbero in giro.



domenica 8 luglio 2012

Lettera di denuncia contro il demansionamento nella scuola pubblica

Ricevo dall'amica Maria Rosa Panté questa lettera di denuncia, alla quale do volentieri spazio sul mio blog.


Antefatto. Spending review: i Docenti inidonei all’insegnamento transiteranno nel personale di Segreteria



Ed eccomi qui in un momento ho cambiato tutti i pensieri, ho infranto i progetti, ho cominciato a staccarmi dalle cose. Omai lo faccio da molto tempo e sono un po' stanca, mi chiedo se è questo il destino per cui sono nata. Forse è così, forse per l'essere umano è sempre un cambiare pensieri, paure, gioie, sempre un distacco.

Questa volta il distacco che mi si chiede è più duro e più feroce dovrà essere la mia battaglia.

Ora dal poetico e dal filosofico devo scendere alla prosa della politica, dell'economia, dei tagli di spesa. Sono nel pubblico impiego: odiatemi per questo. Sono insegnante: disprezzatemi e invidiatemi. Sono insegnante inidonea all'insegnamento per motivi di salute: scuotete la testa pensando che il mio male è tutta una scusa per non lavorare. Sono docente, con laurea e 4 abilitazioni, per questo vi sto ancora più antipatica. E finalmente mi puniscono, giacché sono malata e quanto a malattia siamo fermi a Giobbe: la malattia è segno che si è colpevoli di qualcosa...

Con visite talvolta serene, talvolta umilianti, hanno appurato che davvero non sto bene ed entrare in classe mi sarebbe di ulteriore danno, e così io lavoro nella biblioteca dell'Istituto, lavoro nel laboratorio di informatica, lavoro su progetti (in qualche caso lavoro negli uffici). Quest'anno ho lavorato molto e bene, è fine giugno sto pensando a progetti per l'anno prossimo: apertura della biblioteca alla cittadinanza (la biblioteca era chiusa da anni e l'ho riaperta io); continuare con progetti teatrali, la rassegna "Il mito in pubblico" sto persino scrivendo una commedia per i colleghi; incontri con gli scrittori, sono amici cari che verranno a  costo zero, per amore della scuola e della cultura. La scuola non può permettersi nulla che non sia a costo zero.

A tutto questo pensavo prima che arrivasse la notizia su come il governo intende risparmiare nel pubblico impiego. Nel mio caso sarò punita e molti rideranno, ma spero che qualcuno capisca cosa vorrà dire in termini di spesa il piccolo risparmio su di me.

Secondo la proposta (che dovrà passare in Parlamento) io diventerò automaticamente ATA cioè verrò impiegata in segreteria. Non mi sarà data nessuna possibilità di scelta. Non è mobilità, attenzione. è demansionamento, che nel privato può essere considerato mobbing, ma se lo fa lo stato è risparmio. Verrò demansionata: una persona in attesa del posto di ATA non lavorerà. Chissà a chi "ruberò" il posto? Sarà, penso, una donna, magari non giovanissima, magari sul punto di avere il posto fisso. Potrebbe essere sola, o con figli o comunque aver bisogno di lavorare... e io sarò al posto suo, senza alcuna competenza, solo perché io sono malata e puniscono me e lei. Nel frattempo i 15000 libri della mia biblioteca torneranno negli armadi chiusi, polverosi, negli scatoloni. Hanno respirato per un  anno, ora, incolpevoli, tornano nella loro clausura forzata. E i miei, i nostri progetti? Nulla, la cultura non abbassa lo spread pare. Ma nemmeno queste politiche assurde, nemmeno questa riduzione, in nome della crisi, dei diritti civili. Si è forse abbassato lo spread, è forse cambiato qualcosa in Grecia, in Portogallo? No, lì la gente è nella miseria. Non è questa la strada. Eppure tutti su questa via, tutti a inseguire il pifferaio magico della finanza. Siamo nati per calpestare i nostri sogni e abbruttirci seguendo le crisi dei mercati? Io non lo credo. Questo sistema è fallito, è fallito sul nascere dato che si basava sulla fame di due terzi dell'umanità. La vendetta della storia tutto sommato mi sembra giusta, ma non è giusto il fatto che chi paga non è chi manovra questo stato di cose. Non c'è più equità nel miglioramento, ma c'è l'abbassamento dei diritti di tutti, tutti quelli come me e come voi che mi leggete e che forse pensate che finalmente mi faranno lavorare.

Un consiglio a chi manovra le leve: per risparmiare di più potrete in futuro bombardarci coi cacciabombardieri che non avete mai smesso di acquistare.